"Adesso e' tempo di una bad bank"
In Italia il credito alle imprese dipende, almeno per l'80%, dal sistema bancario in quanto storicamente i nostri imprenditori hanno fatto scarso ricorso alla Borsa e, soprattutto se medio piccoli, hanno mostrato poca attitudine a rivolgersi al mercato.
La lunghissima crisi, che soltanto ora sembra giunta alla fine con i primi cenni di una timida ripresa, ha caricato sulle banche crediti sconvenienti – i cosiddetti non performing loans. Gravate da questo peso, esse stentano a concedere finanziamenti e conseguentemente non aiutano lo sviluppo e la ripresa. Il settore immobiliare è tra i più colpiti.
Ci si chiede perché a suo tempo, quando era ancora possibile, non sia stato chiesto il sostegno europeo, come è avvenuto in molti Paesi, e non sia stata istituita la bad bank. Finalita'principale della stessa dovrebbe essere quella di mantenere (attraverso un deleveraging pilotato), in capo alla banca che cede i crediti deteriorati, il plusvalore o parte di esso derivante da un recupero ottimale dei crediti stessi. E al medesimo tempo liberare risorse finanziarie oggi non disponibili per l'attivita' istituzionale corrente.
L'istituzione della bad bank in Italia rappresenta un nuovo corso per l'attivita' bancaria. In questa ottica, se la banca cattiva verra' realizzata secondo questi principi, dovrebbe esservi una maggiore possibilita' per il sistema bancario di erogazione dei mutui fondiari che oggi sono molto ridotti.
Cio' andrebbe ovviamente a favore di una ripresa del mercato immobiliare.
In Italia la crescita è inferiore alla media europea con volumi in aumento, ma prezzi ancora in discesa, mentre le licenze per nuove costruzioni hanno toccato il livello del 1936.
Permangono ovviamente altri fattori limitanti. Tra questi l'eccessivo onere fiscale per gli immobili da mettere a reddito, che agli investitori nel residenziale non rendono al netto l'1,5 % . Tanto che nessun investitore vi fa affidamento; anche perche' in questi ultimi tempi il valore degli immobili e'costantemente sceso fino a perdere oltre il 25 % . Così gli italiani comprano all'estero, credendo di fare affari: nel 2015 circa 50.000 unità abitative.
Nessun commento:
Posta un commento