Intanto occorre ribadire che lo stock immobiliare la cui proprieta' puo' farsi risalire agli enti ecclesistici italiani puo' essere stimato complessivamente (includendo gli immobili di culto) attorno all'1-1,5 % del totale e non certo al dato ampiamente inverosimile del 20 % , come e' stato riportato in alcuni servizi giornalistici.
Se poi consideriamo che, da un lato gli immobili destinati al culto (che costituiscono la stragrande maggioranza) sono fuori questione per riconoscimento stesso fattone dall'Europa, come pure gli immobili destinati alle attivita' religiose dirette (monasteri, conventi); e d'altro lato che gli immobili "messi a reddito" dagli enti ecclesiastici gia' pagavano l'Ici ed ora hanno pagato l'Imu (senza nemmeno beneficiare della esenzione per la prima casa da poco introdotta) di che cosa stiamo parlando?
Si tratta di una ristretta nicchia di situazioni che si inserisce nel piu' ampio quadro degli immobili gestiti direttamente dal no profit (circa 40 mila enti in Italia) per attivita'istituzionali : associazioni ed enti di assistenza, beneficenza, culturali, ludico-sportive, sanitarie, camere di commercio, sedi diplomatiche estere, immobili appartenenti alle altre confessioni religiose e cosi' via.
Se dobbiamo parlarne, parliamone pure.
Ma dimentichiamoci i miliardi di gettito e comunque non facciamo passare il tema sotto la denominazione generica "di immobili della Chiesa": si tratta di altro. »
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